A’ cazzimma
Ma perché uno che ha subito un incidente in moto così grave da riportare conseguenze importanti per il proprio fisico vorrebbe tornare alla guida di una moto? Non dovrebbe odiarlo quel mezzo che gli ha cambiato in modo permanente la vita? E inoltre, visto che non sarà per niente facile ottenere la patente, chi glielo fa fare di complicarsi così tanto l’esistenza? Sono sicuro che molti si sono poste domande simili e ovviamente, pieno di dubbi, io non faccio eccezione: Marco, lascia perdere, è andata così, non si può tornare indietro. Nella realtà io la moto non sono mai riuscito a odiarla. Posso avere recriminato sulla sorte, sul destino, sulla sfortuna ma non ho mai addossato la responsabilità alla moto. Questo non significa che abbia quietamente accettato la mia condizione, anzi. Ci convivo, certo, ma non l’ho mai accettata. Tanto che nei limiti del possibile ho provato a fare le stesse cose che facevo prima cercando soluzioni che me lo consentissero. Avevo un trascorso agonistico di buon livello nella pallavolo? Ho continuato a farlo con un solo braccio giocando in un campionato con una squadra di normodotati. Mi divertivo con gli amici in partite di calcetto? Son tornato anche su quei campi. Ho imparato a ballare il tango nonostante molti dicessero che non sarebbe stato possibile. Insomma, ho provato a considerarmi come tutti gli altri e non ho mai voluto né sconti né privilegi. Certo è complicato, perché c’è una miriade di cose che si possono fare solo con due mani, dalle più stupide alle più importanti. Finché non mi ci sono scontrato non ci avevo mai fatto caso. Ovviamente sono più lento, più impacciato e alcune cose sono e rimarranno per sempre al di fuori della mia portata. Ma per tutte le altre mi sono ingegnato a trovare una soluzione alternativa.
Ci sono molti modi di superare un ostacolo prima di desistere: puoi abbatterlo, saltarci sopra o semplicemente aggirarlo. È incredibile scoprire la quantità di cose che puoi ancora fare usando magari anche la bocca, i piedi o le ginocchia. Ma ti serve un prerequisito fondamentale: “a’ cazzimma”. “Cazzimma” è un termine del dialetto napoletano che copre uno spettro molto ampio di significati. In una delle sue accezioni può essere tradotto con cocciutaggine, testardaggine. Un atteggiamento deciso, risoluto, a tratti anche aggressivo, che se ne frega delle consuetudini e punta solo a raggiungere un obiettivo. Poi magari non ci riesci, ma almeno non ti sei arreso prima di combattere.
Tornando alla moto, una delle molle principali è stata riconnettersi a un passato che è stato brutalmente spazzato via. Ma c’è anche dell’altro e riguarda uno di quegli aspetti della vita a cui, insieme all’amore, non si può assolutamente rinunciare: la libertà. Libertà di operare le proprie scelte, libertà di decidere del proprio destino, libertà di inseguire i propri sogni e di trovare ogni giorno il motivo per essere felici. La libertà però non è una merce gratuita o a buon mercato, bisogna guadagnarsela. Perché la libertà, senza la determinazione necessaria per ottenerla, è un guscio vuoto, un termine privo di significato. E qui entra in gioco “a’ cazzimma”, quella feroce e incrollabile volontà che ti fa pensare che pur essendo Ettore, un comune mortale, indosserai le armi e uscirai dalle porte Scee per combattere un semidio invulnerabile come Achille che di armature proprio non ha alcun bisogno. E non lo affronti con l’atteggiamento rassegnato della vittima sacrificale ma con la consapevolezza di poter vincere o, se non altro, di averci provato. C’è ancora un’ultima cosa. È sbagliato pensare di poter fare tutto da soli. Si ha bisogno di amici, di alleati, di persone che ti sostengano e ti incoraggino quando le cose non vanno per il verso giusto. Ecco, bisogna avere anche l’umiltà di chiedere aiuto perché nessuno, in questo mondo, si salva da solo.
